martedì 1 gennaio 2008

Turpe est, quod nequeas, capiti committere pondus

Inaugurare uno spazio come questo, che probabilmente resterà vuoto ancora per un po' di tempo, è una scelta che mi accorgo di fare senza averci pensato troppo (nessuno ne dubiterà...), e probabilmente soprattutto perchè in un impeto di originalità, lo sento come un regalo da farmi nel primo giorno del 2008.
Cosa ci sarà, è presto per dirlo, e lo scoprirò io stesso lungo la strada, selezionando le fin troppe idee che avranno bisogno di essere sistemate, con un movimento che spesso mi ricorda quello del pensiero e delle mani: quando si trasforma in scrittura, il pensiero attraversa le mani e ne viene organizzato ed ordinato, fino a trovare una rappresentazione che lui stesso riconosce come adeguata.
Più che di "riempire" degli spazi, però, l'immagine che mi appare è quella di crearne: aprirne di nuovi ed approfondirne di esistenti, strappando anche al tempo quotidiano ogni occasione per disegnare una nuova linea di contorno per strade su cui incontrarmi con argomenti e concetti, e con chiunque vorrà accompagnarmi fra le nove Muse, e magari anche un po' più in là.
Mi piace pensare che lo spazio, del resto, sia soprattutto qualcosa di dinamico, come rende molto bene la sua derivazione etimologica a metà fra il sanscrito spà- (che significa crescere, estendere), ed il suo greco e quasi antitetico spàn- (tirare a sé, strappare): lo spazio è il risultato di movimenti anche opposti, è fluido, è un'idea da coltivare e far crescere con tutti i semi che riusciamo a generare.
A proposito, nel titolo vi è l'autoammonimento che Properzio pronunciò rivolgendosi a Mecenate nelle sue
Elegie: "Fa una pessima opera chi prende sul capo un carico superiore alle sue forze".
Lo faccio mio, e spero di saperli trovare ed aiutare a germogliare, questi spazi.