sabato 12 dicembre 2009

Uno zefiro nella notte di S. Elmo

giovedì 10 dicembre 2009
Auditorium di Castel Sant’Elmo

Ensemble Zefiro
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Wolfgang A. Mozart

Serenata in do minore K. 388 - “Nachtmusik”

Serenata in si bemolle maggiore K. 361 - “Gran Partita“
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Entriamo nell’auditorium un po' presto, così abbiamo il tempo di guardare... e per guardare le note che stanno per arrivare, bisogna entrare in qualche strada ed in qualche giardino di Vienna. Basteranno poche tinte, il quadro è già magnifico di suo.

E' l'autunno del 1782.
L’Imperatore Giuseppe II torna dall’Opera, e continua a far riecheggiare fra sé e sé le arie nuove che più gli erano piaciute.
A Palazzo per qualche giorno ancora rimane a pensarci, forse noi oggi potremmo immaginare di accendere una radio o un iPod per riascoltarle, ma purtroppo Giuseppe II non può aspettare ancora tanto tempo, e così dà vita alla propria "K. K. Harmonie".
La Harmonie, nata per questa esigenza di riascolto quasi immediato della musica portata sulle scene in quegli anni, fosse d’Opera, d’alcune Sinfonie o dei Balletti più in voga, consisteva nella sua formazione classica di un complesso a fiati di otto esecutori, diventato molto presto una vera moda presso molte corti europee, capaci finalmente di riascoltare nei propri salotti ogni novità, soprattutto sotto forma di “divertissement", colta in giro per i teatri.
La forma era quasi sempre quella dell’arrangiamento (se ne contano ventidue solo per il Don Giovanni…), che con legni ed ottoni apparve acquistare la sua tecnica migliore.
L’attività dell’Harmonie viennese, ed in particolare dei suoi oboisti Wendt e Triebensee, esplose subito con un successo tale da far concentrare anche Mozart sul fenomeno, dedicandole la maggior parte delle sue composizioni per fiati, ma non lasciandosene scappare anche il suo aspetto evidentemente redditizio, se è vero che in una delle sue Lettere al padre, nel momento stesso in cui gli annuncia la composizione del Ratto del serraglio, aggiunge che dovrà subito preparare anche la versione per l’Harmonie, prima che qualcun altro lo faccia al suo posto e ne tragga profitti…

Ma leggiamone anche un’altra, di Lettera al padre: è del 3 novembre 1781, giorno del suo onomastico, ed è quella in cui inventa la parolina magica: "Alle 11 di sera ricevetti l’omaggio di una “serenata” (Nachtmusik) per 2 clarinetti, 2 corni e 2 fagotti. E di una serenata di mia composizione! Questa musica l’avevo composta il giorno di Santa Teresa (15 ottobre) per la cognata del signor Von Hickel, nella cui casa venne infatti eseguita per la prima volta. I sei esecutori sono dei poveri diavoli, che tuttavia suonano molto benino insieme, specialmente il primo clarinettista e i due cornisti. Ma il motivo principale per cui l’avevo composta era quello di far sentire qualcosa di mio al signor von Strack che frequentava quotidianamente quella casa. Perciò l’ho scritta con un certo criterio, ed infatti ha avuto molto successo. La notte di Santa Teresa l’hanno eseguita in tre luoghi diversi: appena finita di suonarla in un posto, gli esecutori andavano altrove, ricominciavano e venivano pagati. Quei signori, fattisi aprire le porte di casa mia, si sono sistemati in cortile, e proprio mentre stavo per svestirmi, mi hanno molto piacevolmente sorpreso con il primo accordo in mi bemolle".

La nachtmusik offerta questa sera dalla Scarlatti, è la Serenata per fiati in do minore dell’estate del 1782, arrivata in un mese, quello di luglio, pieno di avvenimenti nella sua vita: il felice debutto del Ratto del Serraglio, il trasloco nella nuova casa di Roten Saben alla Hohe Brucke, il matrimonio con Constance Weber...
Ma l’atmosfera turbata di questa nachtmusik non sembra rievocarne alcuno, anzi: quattro tempi di sentimenti tragici ed appassionati, malinconici e contemplativi che non sembrano appartenere che a qualcosa di più intimo, ma che non ci è dato di conoscere, di quello stato d’animo.
E contemporaneamente, potrebbe anche essere vista come uno sradicamento assai raro dall’intera tradizione di genere, mai così complessa e strutturata come in questa occasione.
Una sorpresa, come spesso accade. Una pietra preziosa di un colore diverso rispetto alle gemelle contenute nello stesso astuccio in cui per anni erano state posate.

Tra il febbraio e l’aprile dell’anno precedente, invece, arriva quella pagina che è forse il tour de force più sorprendente per gli strumenti a fiato mai concepito, la Serenata in Si bemolle maggiore n. 10 per tredici strumenti "Gran Partita".
È il periodo in cui Mozart si trasferisce in quella Vienna che vedeva come “il miglior luogo del mondo” per il suo mestiere, e concepisce un’altra serenata lontana dai canoni della tradizione, stavolta quanto un cielo stellato notturno dalle prime ore della sera.

L’Ensemble zefiro si cala in questa notte con strumenti ed esecuzioni ai quali, per completare il quadro, mancherebbe soltanto il rumore discreto della ghiaia sotto ai piedi di un giardino viennese, magari di quel giardino del dott. Mesmer nella Landstrasse che piacque anche al Maestro… e magari nei bis concessi ci saranno regalati anche due entusiasmanti arrangiamenti da Harmonie puri, come “Non più andrai, farfallone amoroso” (Le Nozze di Figaro) e l’ineffabile “Là ci darem la mano” (Don Giovanni)

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