lunedì 24 gennaio 2011

Gocce di potere

(pubblicato su www.teatro.org)

Prima ancora che cominci lo spettacolo, ci si ritrova nelle pagine di quella fine degli anni '60 in cui Rainer Werner Fassbinder ambientò uno dei suoi primi racconti, questo Tropfen auf heiße Steine (Come gocce su pietre roventi), grazie alla scenografia che poggia su un ampio tappeto bianco stile Warner Panton, ed a particolari come un accendino da tavolo argentato, alcuni LP con canzoni che via via scopriremo, ed altri oggetti che non fanno pensare ad un ormai inflazionato effetto vintage, ma anzi ad un piacevole e reminiscente gusto agé.
Ancora diciannovenne, Fassbinder nello scrivere questa commedia pseudotragica ottenne forse due risultati: da un lato, adoperò una penna acerba che rese la scena talvolta assurda e pertanto non facile da interpretare, e dall'altro mise invece già in evidenza alcuni degli aspetti della sua successiva drammaturgia, costruendo un meccanismo di relazioni che non rimane estraneo agli strumenti violenti dei rapporti di produzione economica, anzi vi si adegua nelle sue forme estreme dello sfruttamento e del potere, leggendo perciò i rapporti fra i personaggi soprattutto alla luce della dinamica vittima-carnefice (dice Franz a Leopold: "Hai bisogno di me?" - "No, Tu, hai bisogno di me"), in un parallelo fra la loro dipendenza e quella di entrambi dal potere dell’apparato sociale che sovraesiste, ed il risultato percettibile è quello di rendere ogni loro "ti amo" più un mal di pancia psicosomatico che altro.
Nel racconto, un giovane Franz si lascia irretire da un maturo e dominante Leopold, affascinante uomo dalla notevole esperienza, fino a cambiare la propria vita di probabile futuro sposo di Anna e di padre di famiglia, per andare a vivere con lui e diventarne anche lo schiavo. Ma dopo soli sei mesi, il rapporto si logora ed entrano in gioco le rispettive ex, che vengono però immediatamente attratte nelle spire del potere di Leopold. A Franz, incapace di qualsivoglia reazione, come alternativa resta solo il suicidio, ed anche in quel momento prevale un intreccio con il gusto dell'assurdo, quando telefona alla mamma per salutarla, e lei poi commenta banalmente con Leopold al telefono l'accaduto.
È come un gioco in cui ogni pedina, per quanto diversa, alla fine è sempre la stessa: l'amante del passato, quello del presente e quella del futuro (Anna, l'ex di Franz).
Ed è un gioco nel quale spicca la linea paradossale, e molto borderline, che lega i due opposti dell'estrema affabulazione di un Leopold (Arnolfo Petri) sicuro di sè e del suo poter predare chiunque, suadente e seduttore, che sovrasta sia fisicamente che in personalità le sue vittime, ed all'opposto lo sguardo senza voce di Vera (Autilia Ranieri), che sembra perso nel vuoto, ma resta invece intenso e pieno del nulla cui sono ridotti i loro sentimenti. Chiamiamoli così.
Fassbinder sembra anche riproporre quella unione di due soggetti asimmetrici in un unico processo dialettico di memoria ateniese, in un classico rapporto omosessuale del tipo erómenos/erastes tuttavia alquanto claustrofobico, sia spiritualmente che fisicamente, ben sottolineato dall'interno della casa: "Trovo che qui dentro tutto sia così... provvisorio", dice Leopold, e sembra che anziché delle quattro pareti parli proprio dell'amore, spoglio e precario come il suo animo, tanto che riecheggia una memoria significativa di Franz, quella del non baciarsi ("sembra contro natura") dei suoi immaturi rapporti omosessuali precedenti.
Il finale è una degna coazione a ripetere, quando dopo il fastidio per un cadavere di cui sbarazzarsi ("Questi giovani d'oggi sono così fragili, insicuri.."), il trio superstite torna allo schema del potere del sesso, e del sesso del potere ("Vai di là, mettiti a letto, io metto un po' di musica e arrivo").
Va citata a parte la colonna sonora, che si ricorda soprattutto per una incisione di Patty Pravo in tedesco, un Tanze Samba mit mir più volte ripetuto, nella versione di Tony Holiday, e soprattutto Regenzeit , Tränenlei, la versione tedesca di Dalida di Rain and Tears degli Aphrodite's Child.

1 commento:

  1. Attualissima questa rappresentazione della predatorietà sessuale e desolazione sentimentale che non lascia speranze salvifiche e ridefinisce nei soli ruoli mercantili della merce e del consumatore le relazioni.

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