“Me ne starò sdraiata qui, e
annegherò”.
La protagonista di uno degli one-women
plays di Arnold Wesker affronta soprattutto con questa caducità,
quella sequenza di elaborazione del lutto che segue necessariamente
un taglio cairologico nella vita di una donna che dopo 25 anni e 3
figli, viene abbandonata dal marito. Oltretutto con una lettera.
Oltretutto per una “rubamariti” giovane, bella, ricca e sana.
Va detto subito che il testo è stato
(per fortuna) rielaborato ed attentamente interpretato dal lavoro di
Niko Mucci e della stessa Nunzia Schiano, la quale essendo ben al di
sopra delle possibilità espressive offerte dall'originale scrittura
medio-borghese, ha arricchito di umanità e verosimiglianza, anziché
farsene ingabbiare, un lavoro privo degli accenti di crudità
realistici che un simile dramma interiore poteva forse difficilmente
far scaturire, del resto, da idee maschili.

Il coinvolgimento del realismo dei
ritratti della solitudine di Edward Hopper, in cui tutte le donne
guardano di lato, la lettura di Alda Merini, le suggestioni dei
disegni dal vivo di Sissi Farina ispirati al solo ascolto, i costumi
di Alessandra Gaudioso che la vestono, come dire, nella stessa scia
di se stessa, senza cercare di trasformarla nella rivale-rubamariti
come sarebbe stato plausibile supporre almeno per una delle fasi del
lutto, oppure quell'anelito mai accontentato ad uscire, uscire,
dietro suggerimento degli amici, perché non esce mai, se non solo
alla fine, ma solo per suggestione... sono alcuni degli elementi di
particolare valore di un lavoro intenso, che non si fermano alle
tappe suggerite una narrazione originale che invece punta con
decisione soprattutto alle fasi della distruzione pietosa
dell'immagine di Lui (“Perché? Perchè? Perchè?” - “Tu non lo
sai che cosa hai fatto, perché se l'avessi saputo non l'avresti
fatto” - “Su di te ho fatto un investimento, ora dovevo
incassare i frutti, e tu me li hai rubati” - “Tutto ormai è
avvelenato”).

Sulla scena non c'è mai "solo”
un'attrice; grazie al sapiente dosaggio di bravura ed esperienza
della Schiano, si avverte la presenza ed il peso di una vita messa in
discussione da un atto che sebbene esterno, agisce la materia
delicata di una mente sconvolta, o meglio destabilizzata, che come
interlocutori ha oggetti e ricordi, praticamente mai altre persone se
non occasionali telefonate che sono solo spunti per l'esplorazione
dell'io che cerca di oggettivizzarsi, ma che non riesce a scampare da
se stesso, come una cambiale che non passa mai all'incasso, e come
tutti gli oggetti su cui nel finale si avventa il pensiero ormai
stanco ma ancora vigile nel saper farsi del male, quando si pone di
fronte agli oggetti dell'affetto messi in vendita all'asta. Fotografie e cose quotidiane che diventano personalissimi
memorabilia, e che anzi acquistano ai suoi occhi l'unico valore
proprio nel loro vissuto e nel loro contenuto di emozioni condivise,
non quantificabile con gli strumenti commerciali di un'asta.
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