
Maneggiare,
masticare, spolpare e tratteggiare Charles Bukowski è molto meno
facile di quanto si pensi.
Il
rischio della banalità e della convenzione, si, proprio il contrario
di quell'idea cui si andrà automaticamente al sentire pronunciare il
nome dello Scrittore del sogno americano frantumato, è forte.
Raramente
infatti si è andati oltre una sterile convenzione di scandaloso
slancio anti-perbenista, e si è lasciato trapelare il bisogno
ossessivo di affetto, e perché no, di tranquillità umana che si
ergeva con una certa imponenza dietro quel trasparente plexiglass
governato da disperazione e miseria, da certezze come sesso ed alcol,
da orizzonti perversi e marginali abitati da prostitute, ladri,
miserabili e falliti. Il poeta seduto a guardarsi, insomma, anziché
quello di cui fare sfoggio di aforismi dopo una ricerca su Google, o
con i segnalibri puntati sulle pagine di Storie di ordinaria follia.

E lo
fa incarnando poesie e scritti dell'arte di Bukowski in un ibrido
contaminato (ma forse al termine di una ricerca fin troppo armoniosa) in cui parole,
suoni e presenza dell'attore seguono una linea che viene
disegnata con una tinta personale inevitabile, nella quale
Haberbukowski non manca mai di trasmettere il suo piacere
nelll'identificazione con l'orgogliosa marginalità. Come se si
facesse un regalo.
A
proposito, finalmente uno che fuma, che se ne accorge e che dall'alto
del suo ruolo e della memoria di tempi non tanto lontani in cui nei
locali il fumo avvolgeva la pinta di birra, dice al pubblico “ehi,
beh, se qualcuno vuole fumare, sale qui, fa un personaggio che fuma,
e...”. Detto da un non-fumatore quasi perfetto.
Nel
programma non appare soltanto Bukowski, ma di certo è lui che la fa
da padrone, sul cartellone, sul tempo quasi totale riservatogli,
sulle scelte espressive e sulla presa che ha sulla platea, partendo
da Una tapparella abbassata e passando per Ragazze pulite e
tranquille in abito di percalle, Donna che dorme, Confessione, Una
poesia è una città e molte altre.
Saltiamo
ad un iperclassico come Ode alla vita di Pablo Neruda, facciamo due
passi con Luigi Tenco (Vedrai vedrai e Mi sono innamorato di te), e
lasciamo l'ultima firma al bis di Paolo Conte. Insieme a te non ci
sto più.

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