
Tutto
ciò mi ha fatto ricordare uno studio pubblicato nel numero di agosto2012 di Scientific American (lo trovate qui) che ricorda quanto di
norma ci si trovi di fronte alla fallacia delle proprie sensazioni
istintive, ma soprattutto quanto esse poi influenzino il nostro
comportamento, spesso con la conseguenza di divenire una materia
facilmente plasmabile da coloro che vi si dedicano per mestiere, con
mezzi che consentono la manipolazione di massa in settori come la
pubblicità o la politica.

Lo
studio di neozelandesi e canadesi mostra e dimostra dunque una di
queste vere e proprie tecniche, che agisce sulla percezione del
cosiddetto truthiness. Questo termine è un neologismo che il
dizionario Merriam-Webster ha scelto come "parola
dell'anno 2006", ed indica “la qualità di ciò che appare
vero nell'intuizione del soggetto... senza riguardo alla logica o
all'evidenza fattuale.”
Fuor
di vaghezza: il fattore-pancia, quella sensazione per la quale noi
crediamo ad uno o ad un altro, nel corso ad esempio di un faccia a
faccia elettorale; del resto, questa particolare dimostrazione è
stata concepita proprio avendo come ispiratrice la politica, o meglio
la credibilità dei candidati nel periodo elettorale, ed è stata
pubblicata durante la campagna presidenziale americana, adattandosi
perfettamente al rituale del face-to-face che lo scorso anno ha visto
Barack Obama e Mitt Romney fronteggiarsi davanti alle telecamere.
Il
dettaglio dunque è questo: la percezione di truthiness tende ad
aumentare in modo assai sensibile, allorquando il discorso del
candidato venga accompagnato da immagini e/o informazioni aggiuntive
(una fotografia, soprattutto, ma anche una lettera, o un
contratto...), sebbene queste non diano la benché minima prova a
supporto della veridicità di quanto si sta affermando. Non fa specie
pensare che se durante un discorso, appare un’immagine accanto a
colui che parla, anche se non dimostra nulla, tanto basta per
spingere il pubblico a credere in lui? Dovrebbe far sussultare, anche
solo per l’aspetto della facilità, con la quale pensieri, credenze
e comportamenti siano manipolabili, e per i mezzi, così
apparentemente ingenui, quanto efficaci.
Eppure
non si fa fatica a crederci. Ad esempio, potrei dire ora che mi sono
inventato tutto, e che le immagini che ho messo qui affianco sono
state scelte da me per indurre lo stesso meccanismo, ed a questo
punto avrebbero, ne sono certo, fatto il loro bravo effetto induttivo
per farvi credere a ciò che sto sostenendo… sarebbe bello, ma
purtroppo non è così, e sono certo che in fondo nessuno, oltre ad
una ritrosia del tutto personale nei confronti della propria capacità
di discernimento, sarà seriamente in grado di credere che lo studio
conduca in errore, seppure, come ogni caso di studio, vada
naturalmente circoscritto o allargato secondo i criteri ed il target
adottato.

È
perfino banale, se ci pensiamo, che un’immagine sia un potente
supporto ad un concetto, e che basterebbe cambiarla con una che
mostra il contrario, per suscitare il sospetto che esso sia
assolutamente discutibile, ma serve soprattutto a ricordare che noi
funzioniamo molto più come “reagenti” che come esseri in grado
di analizzare scientemente e senza pregiudizi; ed è cosa
particolarmente noiosa, l'idea di un mondo fatto di punte di metallo
cui reagiscono le lamelle di tante, indistinte boîte à musique.
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RispondiEliminaHere is my page ; bancuri romani