Il gesto e la poetica
(pubblicato su www.teatro.org)
Un
artista che ti fa commuovere con un appendiabiti, e che il giorno
dopo continua a farti sentire la stessa emozione richiamando una
lacrima al solo ricordo, ecco, prima ancora di farti fermare a
pensare a cosa sia accaduto, appunta da sé sul petto le sue cinque
stellette, già per la sola creazione di questo sentiero che sin
dall'inizio sembra guardarti mentre affronti lo spettacolo con la tua
mente ed il tuo bagaglio culturale, per poi decidersi a mettersi in
cammino, e puntare proprio verso di te, creare quel ponte emotivo che
percorre con grazia, finchè ti si ferma davanti e senza una parola,
ti apre.
Lo
guardi incredulo, e ti chiedi come sia possibile che ti stia
facendo questo,
riuscendoci con una semplicità così inconcepibile da far intendere,
al di là della genialità, quanta arte e quanta tecnica abbia messo
a punto Slava Polunin, racchiudendola tutta nel suo clown Asisyai con
il quale porta nel mondo da anni l'evanescenza, la poesia e lo
stupore del suo spettacolo.Il
disegno bianco che sottolinea il contorno della bocca del clown è
uno dei modi con cui anche i gesti anche impercettibili del mimo
vengono trasmessi con una efficacia rara, tale da scomodare Chaplin,
Grock e Marceau; sarà stata l'infanzia trascorsa nella piccola città
russa in mezzo alla natura, quel mondo in cui inventare storie in cui
poi irruppe uno schermo a fargli conoscere il mondo dei clown, e la
strada lunga e dritta che lo condusse alla scuola di mimo a
Leningrado, ma da quando nel 1979 creò la sua prima compagnia, Slava
Poulin ha saputo rendersi inconfondibile per il suo stile, fuori dai
ritmi e dalle abitudini quotidiane: di esse bisogna liberarsi quanto
prima possibile, una volta seduti, per potersi immergere nel suo
mondo, perché tutto è già subito lì davanti, avvolto com'è in
un'atmosfera che si percepisce diversa anche prima della nuvola rossa
che apre la scena.
Gesti
rarefatti che da soli valgono un movimento in slow-motion, idee
stimolanti quanto divertenti come una barca fatta di un letto, un lenzuolo ed una scopa
alle prese con un enorme transatlantico ed un improbabile squalo,
personaggi goffi quanto delicati, gags e sketches che si inseguono,
fra cui quella straordinaria dei telefoni con cui debuttò in
televisione nella puntata di Capodanno 1980/1981 del Light
Blue Fame,
ottenendo un immediato e comprensibile successo, per la capacità
speciale di unire e di trasmettere sensazioni come solitudine, amore,
amarezza e felicità con un gesto, un suono, un'espressione facciale,
una sospensione. Come la sublime scena dell'attaccapanni, appunto,
che va richiamata come magico simbolo di tutto questo.
Gli
attori della compagnia di Slava incarnano poche figure di clown, che
restano fondamentalmente divisi in due tipi, che però si scompongono
di volta in volta per dividere i caratteri ciascuno separato
dall'altro, ed il coinvolgimento e l'interazione con il pubblico è
parte essenziale del modo di intendere il rapporto fra il “di qua”
ed il “di là”, annullando quasi sempre il distacco ed inventando
meccanismi come la tela del ragno e soprattutto l'impressionante e
tempestosa nevicata finale, fino ad un finale da vivere, piuttosto
che da svelare.
Ed il finale, è l'opposto di un finale,
oltrepassando il concetto del senza sipario, del dentro e fuori uniti
nello spettacolo: Asisyai rimane seduto, fermo, immobile, proprio
durante il momento di massima euforia del pubblico che si esalta con
gli ultimi giochi che coinvolgono l'intera sala fino alle file più
alte, perchè con quella sua fissità è lui, a guardare noi. Perchè
lo spettacolo, è ciò che ha creato, ed è lì, davanti ai suoi
occhi.
Cinq
étoiles, ça va sans dire.




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